L'Istruttoria

di Peter Weiss

Il crudo linguaggio storico si unisce a quello poetico di versi liberi che compongono i canti de “L'Istruttoria” che Peter Weiss scrisse dopo aver assistito allo storico processo che si svolse a Francoforte dal 1963 al 1965 contro un gruppo di SS e di funzionari del lager di Auschwitz. Giudici, difensori, procuratori, accusati e testimoni animano la rappresentazione e si scambiano i ruoli in un vorticoso processo che acquista la liricità di una tragedia greca. La regia gioca sulla coralità e sulla fisicità di corpi che hanno perso la loro identità in seguito alla tragedia che li ha visti protagonisti. Accuse, testimonianze, difese, tutte egualmente, se pure per ragioni diverse, atroci, si dispongono in un susseguirsi che alla prima apparenza sembra anonimo ed incolore, ma in realtà, nel suo metodico incalzare, giunge ad una tensione drammatica e morale altissima: la testimonianza si trasforma in poesia e la poesia integra ed approfondisce la storia per restituire, con un'immediatezza a volte quasi insostenibile, non un senso, ma tutti i possibili sensi di questa tragedia che ha coinvolto l'umanità. I concetti di spazio e tempo vengono cancellati così come lo erano per gli Häftling che di punto in bianco si trovarono a vivere secondo nuovi concetti e furono obbligati ad adattarsi alle atrocità di un mondo che diventò normale. Le testimonianze dei sopravvissuti dei Lager a cui il mondo chiede come fu possibile che si fecero annientare a quel modo, quelle delle guardie che furono obbligati ad obbedire ad ordini superiori ci disegnano un quadro a volte difficile da guardare. Ma noi vogliamo guardare, per non dimenticare.

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